mercoledì 3 aprile 2013

Letteratura contro Storiografia

Una persona oggi mi ha chiesto perché mai io veda una sorta di contrapposizione fra la Letteratura e la Storiografia. Ha aggiunto: «Si tratta in entrambi i casi di interpretazione dei fatti storici [...] La differenza è nella metodologia».

Riporto la mia risposta: «Sono nietzschiano d'animo (dunque contrario all'eccesso di storicizzazione). Uso spesso Guerra e pace come esempio perché credo che Tolstoj abbia spiegato meglio di generazioni di storiografi quale fosse la forza della Russia nello scontro con l'occidente bonapartista-europeo, come e perché l'impresa napoleonica sia fallita, in quale modo la Russia sia riuscita a recuperare il proprio ethos, peraltro sconfessando implicitamente l'occidentalizzazione imposta a partire da Pietro II in poi. Tolstoj vi è riuscito non solo attraverso le lunghissime digressioni dedicate alla guerra, ma anche attraverso quadri di vita familiare, quotidiana (la danza di Nataša per esempio, che ha fornito peraltro a Orlando Figes il destro per studiare la cultura russa "indigena", facendogli partorire un saggio di quasi 600 pagine che ha tutte le caratteristiche di un romanzo: il romanzo della cultura russa dalla fondazione di Pietroburgo fino al 1917 o giù di lì. In fondo Aleksandr Herzen ha fatto lo stesso).

Sir John Everett Millais
              «The Bride of Lammermoor»
Senza andare troppo lontano, Manzoni si è mosso sulla stessa linea con I promessi sposi, che altro non è se non una lunghissima e proletticamente esplicativa introduzione alla Storia della colonna infame: scaltro don Lisander perché ha fatto storiografia camuffata al punto che tutti noi oggi chiamiamo I promessi sposi 'romanzo'. Aggiungiamo Pirandello con I vecchi e i giovani. Ah: anche De Roberto. E voglio mettere in elenco (anche se forzando alquanto le intenzioni dell'autore) pure Tomasi di Lampedusa, sebbene non si ponesse certo ansie "storicizzanti". E potremmo andare avanti a lungo.

Insomma dalla Letteratura s'impara forse più che dalla Storiografia. Cambia la metodologia: certo. Ed è già tanto. Ma cambia la testualità (che implica la scelta della metodologia in quanto l'adozione di una metodologia discende direttamente dalla testualità adottata). Del resto la Letteratura cura chi la pratica (chi la pratica leggendo, scrivendo, studiando: amandola), eleva, sublima, e agli occhi di chi la pratica rende inconsistente e invisibile la meschinità del mondo e dell'uomo-animale».

Ivo Flavio Abela

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