sabato 27 novembre 2021

Uscito il 25 novembre 2021

 


Soggiorno a Optina. Discesa nell’anima russa, di Ivo Flavio Abela, è un diario redatto nell’aprile 1993, durante un soggiorno al monastero di Optina Pustyn’, e poi integrato negli anni 2018-2020. A Optina sostarono Gogol’, Dostoevskij, Tolstoj, i fratelli Kireevskij e riposano due zie di Tolstoj, i citati fratelli e il genero di Puškin. Optina fu anche casa editrice e centro propulsore dello starčestvo. Lungo un percorso nutrito di letteratura, storia, iconografia e ortodossia – e non esente da risvolti noir – il narratore s’immerge gradualmente nell’anima russa. Gli è guida Vasilij, uno ieromonaco circondato da un’aura di inafferrabilità e di mistero.


Appaiono nel libro, per la prima volta, testimonianze del tutto inedite in Italia. Andrej Tarkovskij Jr. (il figlio dell’omonimo e grandissimo regista), Pål Kolstø (slavista egregio dell’Università di Oslo e specialista tolstojano – forse attualmente il più rappresentativo), Nedy John Cross (cantante e produttore cine-musicale) - ai quali va la gratitudine dell’autore – hanno peraltro fornito ciascuno un prezioso contributo.


«Sentivo che stava librandosi verso l’alto: una, due, tre volte. Ogni volta sempre più su. E lo visualizzavo mentre balzava, sospinto da invisibili mani angeliche, verso il cielo, nel tripudio degli svolazzi del mantello e del velo pendente dal klobuk. Ma – a differenza di Nabokov – non avevo bisogno di assimilarlo alle creature dipinte sulle volte delle chiese: Vasilij era già una di quelle creature [...]

Da stamane qui è uno scalpiccìo di tacchi che percorrono i viottoli per raggiungere le chiese, una fragranza di pollini e incenso che avvolge le narici e la mente, uno scampanio martellante amplificato da armonici aerei, un contrappunto ininterrotto di voci di basso e di baritono che si sovrappongono, s’intrecciano, si scambiano le parti, fuoriescono dalle chiese e intavolano un rapporto di dissonanza gradevole all’udito [...]

Mi sembra che le piaccia ascoltarmi. Adesso le parlerò di me. È vero che la notte è lunga, ma il tempo vola: forse lei teme che arrivi subito l’alba e che io possa dileguarmi. Se fossimo a casa mia, le avrei già offerto una bevanda calda: avremmo messo a bollire il samovar. E magari mia moglie l’avrebbe pure invitata a cena. Ma siamo qui. Pazienza: facciamo finta che i nostri provvisori seggi lapidei siano due morbide poltrone. Da dove potrei iniziare? Ecco: da Optina. Lei tace, ma io le leggo nell’anima: non vede l’ora di sapere tutto. Avvicini il viso. Sa? Sono energico, ma non sono più abituato a parlare a lungo e non so se riuscirò a mantenere un tono di voce sempre nitido. Ecco: così. Dunque…»