lunedì 20 novembre 2017

«Lo spregio» di Alessandro Zaccuri. Ovvero della redenzione e dell'amor paterno

«Gli ho sempre voluto bene
a mio figlio.
E lui lo sapeva»

Il duro, spigoloso, spietato Franco Morelli, detto il Moro, ha ereditato da suo padre la Trattoria dell'Angelo. La cuoca Giustina, una donna timida, vocata alla servitù, incapace di ribellarsi a qualsiasi imposizione del marito, è diventata sua moglie. Insieme hanno allevato un trovatello che si chiama Angelo e dal quale Franco è ammirato e amato quasi fosse la perfezione fatta uomo. La trattoria non è l'unica fonte di sostentamento del Moro. Egli intrattiene traffici pure con prostitute e contrabbandieri. Fra Angelo e Franco si perviene, con l'andare del tempo, a un tacito accordo sulla base del quale Angelo viene autorizzato a servirsi, a scopo di consumo personale, della merce contrabbandata. Presto si stabiliscono nelle vicinanze un boss e i suoi figli maschi: mafiosi meridionali condannati al soggiorno obbligato in una residenza peraltro lussuosa. Salvo, il più baldanzoso dei figli di don Ciccio, decide di conoscere Angelo che in verità, incuriosito da Salvo fin dal suo arrivo, non ha mai avuto il coraggio di avvicinarlo. I due diventano amici inseparabili. Angelo vede in Salvo un modello. Lo ammira a tal punto da iniziare a vestirsi come lui, procurandosi solo abiti firmati.

Tutto procede a meraviglia finché Salvo non coinvolge Angelo nel furto (ai danni del povero e ingenuo Livio Mambrotti) di una statua di san Michele con le ali spiegate, la spada puntata dritta e alta verso il cielo, lo scudo ai piedi in segno di duello finito, un Lucifero malridotto sotto un tallone. Il simulacro, scolpito nel 1922 da Giacomo Guiderzoni e adesso rubato dal giardino di casa Mambrotti, viene portato nella residenza di don Ciccio, restaurato e poi svelato nel corso di una solenne cerimonia familiare alla quale viene ammesso - grande onore - lo stesso Angelo. Quest'ultimo, tuttavia, a causa dell'ammirazione sempre più debordante, sebbene scaturente da un sincero affetto, nei confronti di Salvo, vuole sentirsi come e meglio di lui anche in tale frangente. Acquista dunque dal Tirabassi, un tizio caduto finanziariamente in disgrazia, uno strano oggetto di circa tre metri d'altezza: una sorta di angelo di ferraglia, dotato di un meccanismo elettrico che, se azionato, mostra l'interno della struttura, trasmettendo la sensazione che in tale marchingegno sia stato immortalato il momento della lotta fra Lucifero e Michele, quando l'esito del dissidio è ancora incerto. Colloca l'ammasso di ferraglia davanti alla Trattoria dell'Angelo e invita Salvo per mostrarglielo, convinto che l'amico non potrà che rimanere ammirato al cospetto non solo dell'opera, ma anche dell'ardita mossa di Angelo. Ma Salvo si irrita terribilmente e se ne va senza pronunciare parola. Angelo non comprende il motivo di quella reazione: non sa che il suo gesto, in verità nato dall'affettuoso culto tributato all'amico, ha assunto agli occhi di Salvo i connotati del lancio spudorato di un pericoloso guanto di sfida.

Il resto va in questa sede taciuto perché è bene che sia scoperto mediante la fruizione e la lettura personali. Ma si può anticipare che «Lo spregio» (Marsilio, 2016) è la storia di un essere profondamente umano (anche in seno alla propria disonestà e all'esercizio di un'autorità cieca, rigida, glaciale), nella cui interiorità l'amore sempre taciuto, mai dimostrato, eppure fortissimo e profondamente radicato, di un padre per il proprio figlio, opera il miracolo di una redenzione che giunge ad assumere la forma del sacrificio di se stesso e della palinodia del proprio modo di sentire, pensare, essere. A lettura ultimata si ha la sensazione di avere emotivamente patito, ma d'averlo fatto in nome della bellezza delle tinte prima pacate, poi sempre più luminose, di cui la mano sapiente e raffinata di Alessandro Zaccuri colora la redenzione laica di un uomo. «Lo spregio» ha vinto il Premio Comisso e ciò non può meravigliarci. Chi scrive attende con impazienza il 5 febbraio 2018, quando avrà l'occasione di presentare il libro parlandone proprio con l'Autore.

Ivo Flavio Abela

La consegna del Premio Comisso 2017



Nessun commento:

Posta un commento