Quanto segue costituisce la riscrittura dell’incipit di «Alice nel paese delle meraviglie» sul modello degli «Esercizi di stile». Anche il presente post è nato su FaceBook.
Il testo originale proposto è esattamente il seguente:
«Alice cominciava ad essere stufa di starsene seduta vicino a sua sorella sulla riva del fiume, senza niente da fare; aveva sbirciato un paio di volte nel libro che sua sorella stava leggendo, ma non c’erano né figure né dialoghi, “e a che pro un libro” pensava Alice, “senza le figure e i dialoghi?”. Così se ne stava a riflettere nella sua testolina (per quanto era possibile, perché faceva un caldo del diavolo e le cascavano gli occhi e la concentrazione) se il piacere di intrecciare una coroncina di margherite valesse la noia di alzarsi per coglierle, quando dal nulla un Coniglio Bianco con gli occhi rosa le passò accanto correndo a tutta birra».
L’esito della mia riscrittura è il seguente:
Lirico: contaminatio, ovvero petrarchesco + comico-realistico (il sonetto caudato è proprio della lirica comico-realistica, ma il linguaggio in esso usato è in buona percentuale di ascendenza petrarchesca):
Sonetto caudato. Schema ABBA ABBA CDE CDE eFF.
Ad onta sua e dell’imberbe etade,
Insofferenza e tedio tengon desta,
Rendendo sua giornata alquanto mesta,
Fanciulla presso liquide contrade.
Alice ella si noma e volte rade
Al libro i lumi suoi rivolge lesta,
Al qual germana sua lettura presta,
Ma dialoghi e figure esso non trade.
Sprezzando vanità di simil tomo,
Cercando cogitar pur sotto i rai
Se ghirlandetta con agresti fiori
D’intessere piacer valesse ad huomo
Levarsi e coglier senza tanti lai,Repente epifania scuote i suoi umori:
Leporide vien fuori
(Virgineo il pelo e pesco son le luci)
Ratto qual stral che tu, Amore, adduci.
Giuseppe, mio vecchio e fraterno amico, propose invece la seguente riscrittura:
Psicanalitico
Alice ha bisogno di affermare la propria personalità (identità individuale) nei confronti della sorella maggiore (gli altri), con la cui vita è, ahimè, entrata in concorrenza sin dalla nascita. Alice osserva la sorella (gli altri) per superarne i limiti della propria immobilità fisica spazio-temporale (stare in un luogo ristretto privo di stimoli culturali) e del proprio schematismo mentale (pensare sulla falsariga del conformismo di massa) e poter entrare in contatto con un mondo assolutamente vario e dinamico, ricco di scambi relazionali e di molteplici livelli di realtà immaginata, con cui la sorella (gli altri) non ha a che fare. Il caldo torrido di agosto ed il pomeriggio assolato dopo una notte insonne (uno dei tanti alibi che quotidianamente ci costruiamo per giustificare la nostra pigrizia) non l’aiutano molto in questo sforzo di cambiamento, tuttavia, non appena comincia a rilassarsi pensando ad un possibile lavoro artigianale da intraprendere a breve, scatta veloce l’illuminazione che la porterà lontano dallo scarno paesaggio fisico ed interiore della sorella (gli altri). La svolta può essere data più semplicisticamente dalla scelta di amare qualcuno (per costruire un rapporto originale), ma preferibilmente, secondo me, è data dalla scelta di amare qualcosa come la scrittura, strumento supremo di dialogo e di immaginazione.
Francesco, da valentissimo uomo di lettere e di teatro qual è, propose qualcosa di imprevisto e godibilissimo:
Montaliano
«Alice Xenia e Satura» (Ossi di Alice)
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi del libro
senza figure, era mia sorella fastidiosa.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina favolanza:
era la corsa del Coniglio Bianco
nel meriggio, e lo specchio, ed un nuovo alto fato.
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